9 Maggio. Giorno della memoria delle vittime del terrorismo. Il ricordo di Aldo Moro e Peppino Impastato

di M.L 09/05/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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IL 9 maggio è una data importante per la storia della nostra Repubblica. Oggi si celebra il Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice è una ricorrenza della Repubblica Italiana istituita con la legge 4 maggio 2007 n° 56. Viene celebrato il 9 maggio di ogni anno in considerazione del fatto che il 9 maggio furono uccisi Peppino Impastato e Aldo Moro

In quel giorno di primavera del 1978, mentre l’Italia è sotto choc per il ritrovamento del cadavere del presidente della Dc Aldo Moro in via Caetani, a Roma, dopo 55 giorni di prigionia, in un paesino della Sicilia che si affaccia sul mare, muore dilaniato da una violenta esplosione Giuseppe Impastato. Siamo a Cinisi, trenta chilometri da Palermo, alle spalle dell’aeroporto di Punta Raisi, che oggi porta i nomi dei giudici antimafia Falcone e Borsellino. Peppino, come tutti lo conoscono nella zona, è un giovane di 30 anni che milita nella sinistra extraparlamentare. Come molti altri ragazzi si batte contro la mafia che uccide la sua terra. Lui e Moro sono simboli di due Italie che cercano di lottare, negli Anni di Piombo, contro differenti mali: la mafia e il terrorismo.

A farlo uccidere negli anni Settanta è il capo di Cosa Nostra, Gaetano Badalamenti, bersaglio preferito delle trasmissioni di Radio Aut, la radio di Peppino. Cento passi separano, a Cinisi, la casa degli Impastato da quella dell’assassino. Intorno regna solo un clima di omertà, che in molti sono costretti a respirare sin dalla nascita. Luigi Impastato, il papà di Peppino, è imparentato con la mafia: suo cognato, Cesare Manzella, è a capo della Cupola in quel periodo.

Viene ucciso, dilaniato da una bomba posta sulla ferrovia Palermo-Trapani. Alcuni parlano di suicidio, altri dicono sia morto saltando per aria mentre stava preparando un attentato dinamitardo. Nessuna indagine viene, però, fatta sull’esplosivo. Al funerale si presenta spontaneamente una folla di giovani, da tutta la Sicilia. Nel gennaio del 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Quattro anni dopo l’inchiesta viene archiviata. Ci vogliono altri 7 anni perché Badalamenti venga processato per l’omicidio di Peppino. A inchiodarlo la testimonianza di un pentito della mafia di Cinisi, Salvatore Palazzolo.

Dopo aver dato vita nel 1977 al circolo Musica e cultura, con il boom delle radio libere, decide di fondarne una propria, a Cinisi: Radio Aut. Nel programma Onda Pazza prende in giro i capimafia e i politici locali. Il suo bersaglio preferito è don Tano Badalamenti, l’erede di Cesare Manzella, amico di suo padre Luigi, soprannominato Tano Seduto. Il mafioso non rimane a guardare e lancia un messaggio preciso alla famiglia: «Vostro figlio la deve smettere, altrimenti lo ammazziamo»

 Moro e Impastato, due vite accomunate dalla morte violenta. Dalla coerenza etica. Le Brigate rosse e la mafia due forme di criminalità organizzata, politica ed economica, che hanno tormentato la vita pubblica italiana. Purtroppo non ancora debellato il cancoro della mafia.

Il cadavere di Moro fu posto nella “prigione metallica” di una macchina. Il brigatista Mario Moretti chiamò il Professor Franco Tritto, collaboratore nonché amico di Moro, e gli ordinò di informare la famiglia riguardo ad una Renault 4 rossa parcheggiata in Via Caetani nel centro di Roma, dove avrebbero ritrovato il corpo, senza vita, del leader democristiano. Molti, troppi ancora i misteri sui 55 giorni della prigionia del leader democristiano. Si arriverà mai a una verità storica e giudiziaria definita?


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